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"Occorre coraggio e forza per osare di vivere in un'epoca disarmonica. Per paura della disarmonia oggi non si avanza, anzi ci si adatta al passato, ciò che è ancora più grave. Non bisogna adattarsi, ma creare" (Mondrian)



Il lavoro di questo sito nasce da una ricerca di dottorato: Difficoltà dell’architettura contemporanea in ambienti storici italiani che tenta di ripercorrere la tappe più significative di una questione che da secoli ha contrapposto, sia sul piano teorico che culturale, le specificità disciplinari del restauro e del progetto del nuovo. Nonostante secoli di riflessioni a riguardo, è necessario continuare a riflettere e a dibattere sul problema, perché se è vero che nell’essenza logica i termini della  dialettica sono rimasti invariati, nel corso del tempo, è altresì innegabile che sono mutati  i referenti reali, vale a dire le condizioni sociali, tecniche, politiche, legislative con le quali la “cultura architettonica” è tenuta a misurarsi. L’interesse per lo studio dei suddetti contenuti nasce quindi  dal riconoscimento di un percorso di sviluppo del tema, con aspetti del tutto particolari strettamente legati agli eventi storici che hanno caratterizzato la storia nel nostro Paese. A più di 40 anni dall’incontro del 1965 “Gli architetti moderni e l’incontro antico-nuovo”, si assiste oggi ad una moltiplicazione delle metodiche dei procedimenti di confronto con l’antico, ad un‘esplosione di codici e di metodi, ad una vera e propria proliferazione linguistica. Circostanze queste che fanno si che si concentra l’attenzione più sugli aspetti esteriori dell’intervento che sulla possibilità  di un dibattito e di un confronto aperto e continuo tra le diverse posizioni culturali. Le conseguenze di tale dibattito costituiscono tutt’oggi in Italia vincoli normativi e teorici, il risultato dei quali è una sequenza di contrasti e di trasformazioni che si risolve, per la maggior parte dei casi ad un approccio dell’intervento sul costruito storico o di totale immobilismo o al contrario di edifici che alterano completamente il contesto storico. Inoltre, la forza culturale riconosciuta al patrimonio storico architettonico, urbanistico, paesaggistico, chiede al progetto di cimentarsi con i vincoli e i paragoni posti dall‘eredità del passato che, comportano, d’altra parte, una limitazione alle espressive proprie dell’epoca presente. Un conflitto, non risolvibile solo da regolamenti o da semplici procedure operative. Nel riproporre il tema “conservazione”, “innovazione” non si vuole ricondurre nuovamente la dialettica degli opposti a formule del tipo “antico e moderno”, che hanno nel loro implicito moralismo di posizione il loro limite di significato. Al contrario si vuole suggerire un confronto inedito, partendo dalla tesi che individua nel cambiamento il risultato di continua alternanza tra continuità e contraddizione. Per una tesi di questo tipo, evidentemente non vi è migliore storia di quella che è effettivamente svolta. Ma per evitare quella espressione così frequente, secondo la quale ogni novità è destinata ad essere prima rifiutata, per poi essere compresa ed accettata “con il passar del tempo”, forse bisogna agire con una maggiore consapevolezza storico- critica nel nostro tempo presente. Una volontà che manifesta una capacità di giudizio che si concreti con risultati di ricerca. E’ questo forse  può essere il senso moderno o rinnovato di un incontro tra antico e nuovo. Mediazione che dobbiamo compiere stando dentro alle nostre ragioni culturali e difendendo la libertà del nostro pensiero. Se volessimo affrontare il significato ultimo della contrapposizione proposta ormai da secoli tra antico e nuovo, andrebbe individuata nella esplicitazione della contraddizione stessa che è anche espressione di modernità consapevole e di volontà determinata dal cambiamento. Sulla base di più dati, le riflessioni personali che sono nate riguardano per lo più interrogativi. E’ evidente, anche ai più retrivi conservatori, che le città storiche non possono essere imbalsamate e che il processo di trasformazione urbana non può essere arrestato, ma è altrettanto irrunciabile l’esigenza di non cancellare l’eredità del passato e di trasmetterla alle generazioni future senza alterazioni. Si è deciso quindi di raccogliere con questo lavoro solamente alcuni degli infiniti esempi delle diverse modalità d’intervento sul costruito in Italia, sperando in una collaborazione da chiunque voglia, per far si che lo stesso possa essere un valido strumento di ricerca. . Ritengo a riguardo che se dalle questioni di ordine generale si sposta l’attenzione sulla prassi e sugli esempi si potrebbe forse individuare un terreno sul quale varrebbe la pena radicare riflessioni. Liberarsi dal peso di uno sguardo strabico rivolto per metà alla storia, seppure recente, e per metà al futuro che incombe (quindi all'ansia da prestazione che coglie chi cerca di anticiparlo). Nessuna Presence of the past, se non quella che ognuno di noi si porta dentro come bagaglio personale più o meno cosciente, nessun Next perché negli studi e nei laboratori qualcuno lo sta già costruendo. Solamente il presente dilatato. Devo ammettere di nutrire un certo imbarazzo, un imbarazzo che nasce dalla impossibilità di essere esaustivi: come poter catalogare, archiviare architetture, interventi, progetti? Meglio, forse, analizzare, fotografare, pensare ad alcune architetture esemplificative delle trasformazioni, nelle trasformazioni, “categorizzandole” per luoghi, tipologia e autori di progetti. La sezione interviste rappresenta un importante momento di riflessione sui principali temi e ci guiderà in questo lungo cammino .
 
Arch.Maria Clarelli 

 
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